La Daga del DestinoCapitolo 4

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  1. Nim
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    Non badò al sottile e duro materasso che la sorreggeva e alle travi di legno che scricchiolarono sotto il suo peso. Sentiva il proprio corpo sciogliersi lentamente, mentre la sensazione di mille spilli conficcati nei piedi si propagava per le gambe fino alla schiena dolorante. Martine aveva trascorso la giornata in piedi o meglio, per essere più precisi, correndo avanti ed indietro per la casa di Rose. Lady Trent non aveva tardato a trovarle qualcosa da fare e le mansioni da svolgere in quella tenuta sembravano non finire mai. Martine s'era trovata dunque a tagliare le verdure ed impastare il pane, pulire le stanze della casa, dare da mangiare alle galline e ai maiali. Quest'ultima attività l'aveva ridotta ad un mostro di fango, talmente sporca e puzzolente che Rose, vedendola e cercando di trattenere una risata, le aveva concesso di darsi una pulita e riposarsi prima di cena.
    Grazie al cielo sono un'ospite, non potrei mai faticare così fino alla fine dei miei giorni! Pessima idea propormi volontaria, pessima pessima idea.
    Aveva abbandonato l'abito sul pavimento, onde evitare di sporcare la stanza che aveva pulito personalmente. Il fango si era ormai seccato e sicuramente la stoffa sarebbe tornata pulita dopo un vigoroso lavaggio; eppure Martine si sentiva estremamente in colpa. Rose era stata tanto gentile da prestarle i propri abiti e sperava non si fosse troppo arrabbiata per il disastro che aveva combinato.
    "Non so portata per la vita bucolica, ammettiamolo. Le gonne lunghe, poi. Parliamone: come si fa a lavorare con tutta questa stoffa addosso? Tutta colpa tua!" urlò dalla finestra, l'imprecazione rivolta ad uno dei maiali che razzolavano in giardino. La zampa dell'animale, impigliatasi nelle pieghe del vestito, era stata colpevole di averla fatta cadere faccia in giù nel fango. "Spero ti sia piaciuto il pranzo!" aggiunse, chiudendo rumorosamente le ante della finestra. Il maiale non badò più di tanto a quella sfuriata e tornò a ficcare il naso nel fango.


    Si bloccò appena oltre la porta della sala principale. Una giovane cameriera, conosciuta durante la mattinata, stava portando in tavola i piatti con la cena. Rose stava chiacchierando con un uomo che Martine non riusciva a riconoscere, dandole questi le spalle. La padrona di casa la guardò e sorrise, invitandola ad entrare nella sala.
    "Lady Wescott, vi presento mio marito: il signor Henry Trent."
    Martine fece un leggero inchino, mentre l'uomo si alzava rapidamente dalla sedia e si avvicinava a lei, ricambiando il cortese saluto. "Mia moglie mi ha parlato di voi e del vostro incidente. Quale tremendo spavento deve essere stato per voi."
    "Quale grande fortuna per me incontrare vostra moglie. Non potrò mai ringraziarvi abbastanza per la cortese ospitalità."
    Martine si sentiva piuttosto a disagio ed era certa che fosse ben visibile agli altri. Le mani sudaticce si stringevano nervosamente l'una con l'altra, mentre un calore improvviso le saliva alle guance. Se aveva capito bene il nome dell'uomo, Martine si era resa conto di occupare la stanza del padrone di casa. Ma come poteva saperlo? Nessuno le aveva mai detto chi fosse questo Henry, sebbene tutti parlassero di Lord Trent.
    L'uomo doveva avere circa una trentina d'anni, sebbene fosse difficile per una ragazza del ventunesimo secolo capire l'età esatta delle persone di quell'epoca. Portava i capelli color ambra lunghi fino alle spalle, ed una barba rossiccia gli copriva il volto. Aveva dei chiari occhi gentili e il sorriso era quello di una brava persona. Era piuttosto alto e gli abiti stavano molto larghi su di un fisico non troppo prestante.
    Rose, notando l'imbarazzo della giovane, la invitò a sedersi a tavola, cosa che Martine fece senza farselo ripetere. La cena fu ottima e Martine si sentì soddisfatta del lavoro fatto in cucina. Il cibo sembrava ancora più buono dopo tutto l'impegno messo per preparare il pane e la zuppa di verdure, e nessuno si era ancora lamentato o era finito avvelenato. Eppure la ragazza sentiva ancora imbarazzo e decise di parlare non appena i signori Trent smisero di discutere delle loro attività.
    "Vi devo chiedere perdono, signore. Se non erro, sto occupando la vostra stanza e vi assicuro che provvederò immediatamente a liberarla dalle mie cose."
    "Non vi dovete preoccupare, mia cara" rispose Henry, sorridendole. "Il mio posto ora è accanto a mia moglie" e così dicendo strinse la mano a Rose, che ricambiò con un sorriso dolce ed amorevole.
    "Mio marito è stato malato" spiegò Rose. "Per mesi abbiamo temuto per la sua vita ed in parte per la nostra, motivo per il quale non potevamo condividere la stessa stanza. Ma adesso è guarito, sebbene sia ancora piuttosto debole."
    Lord Trent sospirò, scuotendo la testa. "Mia moglie è sempre troppo apprensiva, ma non sarei qui se non fosse stato per lei. Quindi non posso fare altro che portare pazienza e mettermi in forze. E se voi continuerete a sfornare del pane così buono credo non sarà difficile."
    Martine arrossì, abbassando lo sguardo. Non aveva fatto altro che ubbidire agli ordini rapidi e confusi della cuoca, e dopotutto era solo del semplice pane.
    "Smettila Henry, la metti in imbarazzo. Avanti, è ora di andare a letto. Hai viaggiato tutto il giorno e sarai stanco. Forza" e con gentilezza gli mise una mano sulle spalle, mentre il marito accettava l'aiuto col sorriso. Martine li osservò allontanarsi verso le scale, la luce tremolante di una candela che lentamente spariva lasciandola sola in mezzo alla sala. La cameriera era tornata per pulire la tavola e la giovane si offrì di aiutarla.
    "Non vi preoccupate, Lady Wescott. Me ne occupo io. Sarete stanca dopo una giornata così pesante. Andate a riposare."
    La cameriera non doveva avere più di quindici anni, o forse meno. Martine rinunciò definitivamente a dare un'età alle persone e ringraziò la ragazza.
    "Qualcuno ha portato da mangiare al mio compagno di viaggio?"
    La cameriera si fermò, le mani pieni di piatti e bicchieri. Improvvisamente s'era fatta seria e confusa.
    "Non ho avuto ordini in merito, ma se volete posso preparare un altro piatto. C'è ancora zuppa sul fuoco e se avete pazienza di aspettarmi finché appoggio queste cose..." ma non finì la frase che Martine si stava già dirigendo in cucina. Usando il mestolo immerso nella pentola fumante lasciata sul fuoco del camino, versò della zuppa calda in un piatto trovato su di una mensola. Trovò un piccolo vassoio e vi poggiò il piatto, aggiungendo anche un bicchiere colmo di acqua fresca.
    "Ecco fatto, ormai sono di casa" esclamò sorridendo, prima che la cameriera protestasse. Si diresse lentamente verso la stanza dalla parte opposta alla cucina e, con l'aiuto del piede, aprì la porta.
    La luce di una candela danzava sulle pareti e Guy sembrava esserne ipnotizzato. L'uomo era ancora a letto, ma seduto ed appoggiato ai cuscini. Si sistemò meglio all'ingresso della giovane, spostando le coperte, e fu chiaro che non indossava altro se non i pantaloni. Martine maledì sé stessa per non avergli procurato degli abiti puliti. Appoggiò il vassoio sulle gambe di Guy e rimase in piedi, fissando l'uomo e sorridendo.
    "Ho portato la cena. Credevo se ne fossero già occupati, invece pare nessuno abbia avvisato la cameriera."
    Guy prese il cucchiaio e consumò rapidamente la zuppa, visibilmente affamato. Martine sospirò sollevata, comprendendo che l'uomo si sarebbe rimesso in fretta. Quando Guy ebbe finito, la giovane spostò il vassoio e si occupò della ferita alla testa. Il sangue aveva smesso di uscire ed una crosta spessa si era formata intorno al filo di sutura. Non sembrava esserci cattivo odore, segno di cancrena, quindi Martine si limitò a tamponare leggermente il taglio con un pezzo di stoffa umido.
    "Non mi vogliono in questa casa" disse Guy, rompendo il silenzio. Martine si fermò, non sapendo bene come rispondere. Era stata tutto il giorno impegnata a pulire e cucinare, e non aveva idea di cosa egli avesse fatto tutto quel tempo.
    "Che cosa te lo fa pensare?" chiese, afferrando dei pezzi di stoffa puliti e fasciandogli nuovamente la testa.
    "Un uomo metteva la testa dentro la stanza, mi fissava e poi richiudeva la porta. Così ogni ora. Sono certo non si sia mai allontanato da lì."
    Aveva ragione. Un ragazzo, su ordine di Lady Trent, se ne stava seduto accanto alla porta, pronto ad intervenire in caso di pericolo. Prima di entrare, Martine lo aveva visto dormire profondamente.
    "Controllava che stessi bene in mia assenza" mentì, sedendosi sul letto e sorridendo falsamente. Il timore di Rose la infastidiva, ma non poteva protestare. La padrona di casa aveva ragione di temere degli estranei e per di più stava loro offrendo cibo e riparo. Dovevano esserle grati.
    "Mmm" fu il commento di Guy, evidentemente non convinto dalle parole della giovane. Il fatto di non ricordare nulla lo angustiava. Aveva trascorso l'intera giornata tentando di ricordare qualcosa, ma in risposta riceveva solo immagini sfuocate e forti fitte alla testa. Si sentiva sempre meno debole ed era certo che non sarebbe rimasto sdraiato in quel letto a lungo.
    Martine si alzò, sistemandogli le coperte e afferrando il vassoio. Era stanca e aveva bisogno di dormire.
    "Dove vai?" chiese una voce alle sue spalle. Martine si volse e trovò Guy intento a fissarla.
    "E' stata una giornata pesante e domani dovrò impegnarmi a faticare ancora. Devo ricambiare l'ospitalità fino a che non sarai in grado di alzarti."
    "Rimani qui a dormire. Con me."
    Martine rimase qualche secondo senza dire una parola, fissando l'uomo con espressione chiaramente indecisa e confusa. Cosa aveva in mente?
    "Non credo sia appropriato..."
    "Non ho intenzioni disonorevoli, ho solo bisogno di avere accanto un volto familiare. Continuo ad avere incubi ed immagini confuse che si affollano davanti ai miei occhi." Guy sembrava realmente spaventato dai ricordi di un passato che non riusciva a ricordare. "Rammento il tuo volto ed è l'unico ricordo che non mi provoca dolore."
    Martine appoggiò il vassoio a terra, poco distante dal letto, e si sedette accanto all'uomo. Prese la sua mano per infondergli coraggio anche se, in realtà, cercava di rassicurare sé stessa. Aveva bisogno di Guy per raggiungere York, aveva bisogno di averlo accanto per sopravvivere in un mondo che non era il suo. Faith, Claudia, Nigel. I suoi amici erano distanti ed in quel momento Martine si sentì ancor più sola.
    "Va bene. Rimarrò con te stanotte" decise, stendendosi accanto a lui. Guy si spostò per permetterle di mettersi comoda e l'accolse sotto le coperte. Non osava toccarla, anche se rimase qualche istante a fissare le spalle della giovane. Martine sentiva il peso dello sguardo su di sé e cercò di rilassarsi, chiudendo gli occhi. Quando sentì che il respiro di Guy si faceva lento, si girò per osservarlo dormire. Sembrava tranquillo e la giovane sperò che per quella notte gli incubi del passato non lo tormentassero. Appoggiò delicatamente una mano sulla sua e, dopo qualche minuto cadde in un profondo sonno ristoratore.
     
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3 replies since 1/12/2011, 15:46   94 views
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