Un paio di settimane fa ho deciso di fondare un club del libro. La decisione era nell'aria da anni, ormai. Per il momento si tratta ancora di un esperiemento, consistente in un gruppo segreto su Facebook e dove gli unici membri siamo io e la mia amica Faith.
La scorsa settimana, dopo i miei (vani) tentativi di trovare un epub decente de La Fiera delle Vanità, lettura proposta da Faith, ho suggerito Divergent. Ne avevo sentito parlare, avevo intravisto la possibilità di averlo in ebook e pdf, quindi mi pareva una buona idea per sperimentare l'esperienza di lettura condivisa.
39 capitoli, piuttosto brevi. Ho calcolato un mese di lettura, 10 capitoli a settimana con relativa discussione impostata al martedì sera. Bene.
Nemmeno passa un giorno e già stravolgiamo le regole, rendendoci conto che la lettura non si può arrestare ai primi dieci capitoli e che BISOGNA finirlo.
Si tratta del primo romanzo di una trilogia distopica, genere reso famoso negli ultimi anni dalla saga degli Hunger Games. Non volevo ricadere nelle avventure di una giovane eroina rompiscatole dai mille patemi, circondata da pericoli e morte. Non è il mio genere preferito, soprattutto se narrato in prima persona da una teenager. A differenza di Katniss, però, Beatrice "Tris" non si fa odiare. Almeno, non subito (mentre scrivo sono a metà lettura di Insurgent, il secondo volume, e vorrei schiaffeggiarla a sangue).
In una società suddivisa in fazioni, dove conta la tua propensione piuttosto che le tue reali capacità, la protagonista arriva da una famiglia dove l'umiltà e l'altruismo regnano sovrani per tutti i suoi sedici anni. Ma Beatrice è stanca della fazione degli Abneganti. Ammira i suoi compagni di scuola, gli Intrepidi, scavezzacollo e pieni di percings e tatuaggi. Li vede come la libertà, la fuga da un'esistenza che le va stretta. E, quando arriva il giorno più importante della sua vita, scopre di essere diversa. Scopre di essere una Divergente, ovvero di avere propensione per tre fazioni diverse. Essere Divergente non è bene. Essere Divergente vuol dire morire.
L'autrice, Veronica Roth, è una classe 1988. E si vede.
La lettura procede fluida e piacevole, ma ci si rende conto in fretta che i capitoli passano veloci come il treno che attraversa i territori delle fazioni. Corre tutto troppo in fretta e le descrizioni trascurano molti particolari che, secondo me, avrebbero reso più chiara e interessante la lettura.
Non ho capito in quale anno del futuro ci troviamo, in quale continente. Non riesco ad immaginarmi i luoghi e l'aspetto delle persone. Le scene di lotta o intimità tra i personaggi sono poco chiare, e più volte ho dovuto rileggere per capirle (senza riuscirci).
Diciamo che la signorina Roth ha bisogno di mi...
Read the whole post...